La relazione d'amore....
Ho aperto un libro che non leggevo da molto tempo e ho cercato quell'idea che mi aveva affascinato e nello stesso tempo mi aveva donato forza...
"... la natura Vita/Morte/Vita dell'amore..."
Clarissa Pinkola Estés ha provato a raccontare le fasi dell'amore.
L'autrice parla di morti e di nascite continue nella relazione amorosa.
Passiamo dall'illusione dell'innamoramento, la nascita dell'amore, alla disillusione, la morte, la caduta e ancora la ricerca di nuove eccitazioni, nel tentativo di aggirare le difficoltà.
"Che cosa muore? Muore l'illusione, muoiono le aspettative, la bramosia di avere tutto, il desiderio di prendere solo il bello, tutto questo muore... l'amore porta sempre a una discesa nella natura Morte...,
come un continuum – come la notte fra due giorni..."
(Donne che corrono coi lupi, 2009)
Il tradimento è un esito possibile delle difficoltà che può attraversare la coppia nel suo ciclo vitale.
Per molte persone tradimento non implica necessariamente essere traditi sessualmente.
Un recente sondaggio ha analizzato il significato della parola tradimento nell'idea delle persone.
In particolar modo per le donne fare sesso con altri rimane un imperdonabile tradimento. Tuttavia oggi sembra affermarsi un'idea di fedeltà legata al progetto di vita della coppia.
In questo senso l'idea del tradimento è associata al venir meno di uno dei due al patto nella coppia, un patto che prende diverse forme ma che ha sempre a che fare con le aspettative di vicinanza e protezione, di sicurezza e soddisfazione reciproca.
La fedeltà diventa allora la promessa scambiata per un progetto comune.
Questa promessa può tradursi quindi nella capacità di esserci quando l'altro ha bisogno; diventa un gesto, come un abbraccio, uno sguardo o una parola che fanno sentire complici e profondamente uniti.
Tuttavia, i motivi che portano le persone a stare insieme possono cambiare ed è necessario rielaborarli, perché cambiano le persone, le loro esigenze e quindi il modo di "essere insieme". Quando questa ridefinizione comune non si realizza l'amore diventa una gabbia che arresta la crescita, un abbraccio mortale che non emancipa e può tradursi con "devi essere come io ti voglio". In questo modo il "noi" rischia di soffocare la vitalità della relazione e delle singole individualità.
Viene meno la capacità della coppia di evolversi con gli stessi tempi, di vedere le diversità di ciascuno non come una minaccia ma come segno distintivo di una identità specifica che arricchisce, se riconosciuta e accolta.
È questa l'anticamera del tradimento: l'incapacità di essere con l'altro e prima di tutto con se stessi.
Il tradimento diventa la spia che i vecchi equilibri nel rapporto di coppia si sono rotti, e rappresenta una sfida a ridefinirsi e a ridefinire la relazione su nuove basi, che vanno verso l'affermazione del principio "non sono come tu mi vuoi", che è l'affermazione della propria autenticità.
La nascita di un bambino rappresenta un momento di grande importanza, ancor più se si tratta del primo figlio, perché segna il passaggio dalla coppia alla famiglia.
Se pensiamo al sistema familiare come a qualcosa di dinamico, in continua evoluzione, sicuramente questa fase della vita della famiglia è tra le più significative e comporta notevoli cambiamenti.
Uno degli aspetti più importanti è la transizione al ruolo di genitore: diventare madre e padre è un passaggio importante della propria vita che si carica di grandi emozioni positive ma a volte anche di dubbi e perplessità.
Quando si pensa ad una donna tradizionalmente si associa ad essa l'istinto materno, come se si trattasse di qualcosa di innato presente in ogni donna, una sorta di destino biologico, come scrive Maiolo (2000).
Lo stereotipo culturale del ruolo di madre è legato in modo indissolubile ai compiti di cura e dalla madre ci si aspetta sempre amorevolezza, disponibilità.
A questo proposito è illuminante il contributo di Concita De Gregorio che scrive: "Cosa sia una «buona madre» lo decidono gli altri. Il coro. Lo sguardo che approva e rimprovera. Quelli che sanno sempre cosa si fa e cosa no. .. Quelli che dicono «è la natura, è così»: devi avere pazienza, assecondare i ritmi, provare tenerezza, dedicarti." ( C. De Gregorio, 2008)
Ma nella madre, soprattutto quando ha appena avuto un bambino, i sentimenti che si avvicendano sono molteplici e comprendono anche smarrimento, inquietudine, senso di inadeguatezza.
Una delle preoccupazioni maggiori della madre, subito dopo il rientro a casa dall'ospedale, può essere legata alla capacità di comprendere le esigenze del bambino e quindi di offrire la risposta adeguata, ad esempio quando piange e non si riesce a farlo smettere, quando non si attacca al seno per mangiare ecc...
Anche i papà possono trovare alcune difficoltà, legate ad un senso di estraneità e di esclusione dal rapporto così speciale che si crea tra madre e bambino.
Negli ultimi tempi, i profondi cambiamenti della società hanno coinvolto inevitabilmente il menage familiare. Le donne hanno cominciato a essere sempre più impegnate fuori casa e ciò ha comportato la necessità di ridistribuire i compiti del quotidiano.
Questo ha determinato un significativo cambiamento nel ruolo paterno, che in passato aveva contorni ben definiti. La sua era la funzione del provider, ovvero di chi si occupa di provvedere alle necessità economiche della famiglia; entrava più tardi nella vita del figlio aiutandolo nello sviluppo della socialità e nel rispetto delle regole.
Oggi sta, per certi versi, ancora cercando una nuova identità.
Per quanto riguarda la struttura della famiglia, quella allargata, in passato, vedeva la convivenza di più nuclei familiari sotto lo stesso tetto e permetteva, quindi, di sperimentare attivamente le pratiche di accudimento del bambino fin dalle prime fasi della crescita.
I cambiamenti che hanno investito la famiglia negli ultimi decenni, invece, vedono sempre più spesso i nuovi nuclei familiari isolati.
La costituzione della famiglia è di tipo nucleare, cioè per lo più formata da un padre, una madre e uno o più figli. In questo tipo di struttura familiare i neogenitori possono sentirsi soli e impreparati ad affrontare un compito così impegnativo e carico di aspettative come quello di genitore.
Da queste considerazioni si evince l'importanza per le famiglie di trovare spazi di supporto nella comunità, dove possano condividere le proprie esperienze con altre persone che ugualmente le vivono, con il sostegno di professionisti preparati.
Spesso tali opportunità sono costituite dai corsi post parto o da altri percorsi di sostegno alla genitorialità, dove entrambi i genitori possono trovare una continuità nell'esperienza di accoglienza dei propri vissuti che hanno sperimentato durante la gravidanza e i primi giorni di degenza dopo il parto.
Questi percorsi sono funzionali alla condivisione e al confronto di esperienze comuni, in un ambiente non giudicante perché composto da persone che vivono o hanno vissuto gli stessi dubbi perché coinvolti in questo impegnativo e straordinario cammino: la crescita dei propri figli.
Bibliografia
De Gregorio C. (2008), Una madre lo sa, Milano, Piccola Biblioteca Oscar
Fruggeri L. ( ), Famiglie, Carocci
Maiolo G. (2000), L'occhio del genitore, Trento, Erickson
Il dolce far niente
Un paio di anni fa ho letto uno dei brillanti articoli di Zucconi che rivendicava a gran forza il "gusto squisito della noia e del tempo del non fare"durante le vacanze, per i grandi ma soprattutto per i piccini.
L'ho trovato particolarmente illuminante, perché nella mia pratica clinica incontro spesso genitori ultra impegnati con figli ugualmente impegnati, con agende che farebbero impallidire un manager.
Spesso è la vita come la vogliono gli adulti, che hanno sposato il culto del fare, del riempire tutti i tempi "morti", perché da tempo noia è diventato sinonimo di vuoto, di assenza di interesse, di incapacità.
In una società che premia la produttività e la frenesia, il dolce far niente non può essere concepito che come un cacciare via del tempo e vissuto il più delle volte con senso di colpa.
È per questo che la noia è un privilegio che forse solo i bambini ancora si possono godere. È lo spazio per coltivare l'immaginazione.
Personalmente l'ho visto tante volte, osservando il gioco libero dei bambini: oggi fanno molta più fatica ad organizzare un gioco tra loro, il cosiddetto gioco simbolico.
Sono cresciuti con le giornate scandite dagli impegni e da tempi che gli adulti hanno strutturato per loro e ora spesso non sanno giocare.
Quello che a noi sembra niente, il gioco libero, è una grande palestra di relazione e di creatività, dove il bambino vive i personaggi così come lui li immagina, non come li ha pensati per lui un regista in un film o in un videogioco.
È lo spazio in cui ogni bambino dà ascolto ed esprime i propri bisogni, in cui dà loro corpo e anima e questo lo aiuta nella sua maturazione affettiva.
Ora le feste di compleanno senza l'animatore sembrano impossibili, perché si è persa la dimensione del gioco creato dalla fantasia, ispirandosi magari a qualche bella storia raccontata, letta, sognata!
Ritroviamo il tempo del non fare, della noia, contro la schiavitù delle vacanze intelligenti, delle animazioni, della vita scandita da impegni.
Rivendichiamo "il nulla delizioso sdraiato a guardare le nuvole"(Zucconi, 2011), almeno per i nostri figli, almeno in vacanza!